Perchè pur essendo molto vicini a San Pietro , non si ha mai una visuale della cupola?
Il fatto non è casuale ma voluto, in contrapposizione al Papa, dichiaratosi ‘prigioniero dello Stato italiano’ nell’ambito della Questione Romana.
Il piano regolatore del 1873 stabilì che l’impianto urbanistico non doveva essere basato su una visione prospettica della famosa cupola.
La toponomastica della zona, inoltre, si rifa’ ai personaggi storici della Roma repubblicana ed imperiale ed agli eroi del Risorgimento.
Si noti come la strada principale del Rione fu intitolata a Cola di Rienzo tribuno romano che nel XIV secolo tento’ di ripristinare la repubblica di Roma contro il potere papale costituito.
Inoltre il nome del rione fa riferimento ai vigneti e canneti facenti parte delle proprietà di Domizia, moglie di Domiziano: l’area prese il nome di Horti Domitii (“Orti Domiziani”) e in seguito di Prata Neronis (“Prati di Nerone”); durante il medioevo l’area prese il nome di Prata Sancti Petri (“Prati di San Pietro”) in riferimento all’adiacente basilica vaticana
Secondo un’analisi a metà fra il serio e il faceto diffusa in questi giorni negli Stati Uniti d’America, se siete in procinto di mettere in vendita la vostra casa e volete realizzare il massimo profitto possibile… dovete affidarvi a un’agente immobiliare donna.
Non solo è un dato di fatto che le donne che svolgono la professione di agente immobiliare siano, almeno negli Stati Uniti, numericamente quasi il doppio degli uomini, ma anche i dati di mercato sembrano indicare in loro le professioniste migliori.
Secondo l’analisi, se da un lato pare che gli uomini siano in grado di attrarre verso di loro il maggior numero di incarichi da chi è in procinto di vendere, dall’altro le donne riescono a spuntare per i loro clienti i prezzi di vendita più alti.
Questo avviene perché, sembra, sono più generose nel valutare gli immobili e, conseguentemente, il loro primo prezzo richiesto è più alto di quello dei loro colleghi uomini. Alla fine dell’anno, continua la ricerca, pare che le agenti immobiliari di sesso femminile siano riuscite a portare a casa vendite per un ammontare complessivo che supera di quaranta mila dollari quello che hanno messo in cassa i maschi.
Se il tutto sia scientificamente provato o addirittura anche solo provabile è da discutere, ma quello che è ormai certo è che la ricerca dell’immobile sia in mano alle donne. Anche in Italia, oltre il 60% delle indagini preliminari che vengono fatte sul web è appaltato alla parte femminile della coppia. Le donne sono senza dubbio più concrete e pazienti degli uomini; ecco perché tocca a loro trovare la migliore delle offerte possibili per individuare l’appartamento che meglio risponde alle esigenze della famiglia.
Fonte: Redazione di Immobiliare.it
Secondo l’indice dei prezzi di idealista, a gennaio il valore delle case di seconda mano ha segnato un lieve rialzo dello 0,3%, attestandosi a una media di 1.979 euro/m2.
Nonostante il dato tendenziale mostri una lento ritorno su valori stabili, l’andamento anno su anno segna un calo pari a 3,6 punti percentuali. Il mercato italiano rimane asimmetrico, con zone ancora in fase di correzione dei prezzi e altre ancora stabili o in via di recupero.
Regioni
Sono 9 le regioni che hanno visto un incremento dei valori del proprio parco immobiliare nell’ultimo mese, con le performance maggiori in Veneto (2,6%), Friuli Venezia Giulia (2,1%) e Lombardia (1,9%). All’opposto, è il Molise (-3%) la regione dove le quatto mura si sono svalutate di più, seguita da Trentino Alto Adige (-2,6%), Piemonte (-1,7%) e Lazio (-1,3%).
Liguria sempre in cima alla graduatoria regionale dei prezzi, a una media di 2.737 euro al metro quadro, seguita da Lazio (2.615 euro/m2) e Valle d’Aosta (2.504 euro/m2).. La macroarea più economica è sempre la Calabria (972 euro/m2), seguita da Molise (1.095 euro/m2) e Basilicata (1.285 euro/m2).
Grandi città e capoluoghi
Aumenta da 46 a 51 il numero delle città capoluogo in terreno positivo a gennaio; tra queste Vercelli (3,7%), Macerata (3,6%) e Fermo (3,5%) sono i centri dove le aspettattive dei proprietari sono cresciute di più. Le performance peggiori su base mensile spettano invece a Terni (-7,4%), Viterbo (-7%) e Cuneo (-5,3%).
Nei capoluoghi e nei grandi centri le variazioni sono generalmente contenute in una forbice compresa tra il -1,5% e l’1,5%; fuori da questo range Milano (2,6%) e Bologna (1,8%) fanno segnare gli andamenti positivi più marcati; tonfo a Torino (-5%), sempre più giù Genova (-2,1%) e Roma (-1,5%).
Nella graduatoria dei prezzi Venezia (4.419 euro/m²) è la città più cara davanti a Milano (3.580 euro/m²) e Firenze (3.403 euro/m²), mentre la capitale (3.345 euro/m²) scende al quinto scalino del ranking dopo Siena (3.350 euro/m²). Dall’altra parte della graduatoria è ancora Biella il fanalino di coda con i suoi 792 euro al metro quadro.
Fonte Idealista 3/2/2016
ROMA – Parole, ne ascoltiamo e ne usiamo di continuo, soprattutto noi giornalisti. Ma spesso chi è “addetto ai lavori” dimentica che il pubblico a cui si rivolge potrebbe essere all’oscuro di questo o di quel significato. La dimenticanza può riguardare i settori più svariati, ma certamente la sfera sociale è tra quelle in cui l’inciampo è a portata di mano. Vuoi perché è un mondo che, grazie allo sviluppo che lo ha investito negli ultimi anni, ha coniato moltissimi termini nuovi, vuoi perché fin troppo spesso l’informazione generalista si rende complice nel ricondurre modi di agire e fare sotto improbabili macro-categorie (un esempio su tutti è la confusione puntuale che i media generano parlando dei “cooperanti” – ovvero operatori stipendiati da organizzazioni non governative per sviluppare progetti di solidarietà nei paesi in via di sviluppo – chiamandoli “volontari” – ovvero cittadini che senza alcuna retribuzione, principalmente in territorio nazionale, svolgono attività di supplenza a servizi che dovrebbero essere garantiti dallo Stato). Errori piccoli e grandi che commettiamo in molti e a cui qui scegliamo di porre un piccolo rimedio con un “dizionario del sociale” in formato video, che periodicamente si proporrà di indagare termini e locuzioni non ancora entrati nel linguaggio comune attraverso la voce di esperti, mappe interattive, fumetti e interviste, sempre nell’ottica di fornire ai nostri lettori un’informazione di qualità e di servizio.
2 gennaio 2016
fonte corriere sociale – corriere della sera
servizio di chiara samorì
Il rent to buy e altri modi per comprare casa
Con un incontro aperto al pubblico il 2 dicembre sarà presentata la nuova Guida per il Cittadino realizzata dal CNN e 12 tra le principali Associazioni dei Consumatori
Mercoledì 2 dicembre alle ore 11.00, in via Flaminia 122 presso l’auditorium del Consiglio notarile di Roma,
verrà presentata la dodicesima Guida per il Cittadino “Il rent to buy e altri modi per comprare casa”, realizzata dal Consiglio Nazionale del Notariato e 12 tra le principali Associazioni dei Consumatori (Adiconsum, Adoc, Altroconsumo, Assoutenti, Casa del Consumatore, Cittadinanzattiva, Confconsumatori, Federconsumatori, Lega Consumatori, Movimento Consumatori, Movimento Difesa del Cittadino, Unione Nazionale Consumatori).
Lo scopo è quello di spiegare, con un linguaggio chiaro e semplice, il nuovo strumento del rent to buy, introdotto dal Decreto Sblocca Italia 2014 che, soprattutto in un momento di crisi economica, può essere un’opportunità per chi desidera comprare casa, ma non dispone subito della liquidità necessaria.
Inoltre, la Guida fornisce una panoramica anche sulle altre forme contrattuali alternative di compravendita, focalizzando per tutte i vantaggi e gli svantaggi.
L’incontro è aperto al pubblico e sarà distribuita la Guida.
http://www.notariato.it/it/news/il-rent-buy-e-altri-modi-comprare-casa
Cresce la quota di chi compra un immobile ricorrendo all’intermediazione mentre diminuisce quella di chi affida all’agenzia l’incarico di vendere.
E’ il risultato piu’ sorprendente dell’indagine “Le famiglie italiane e il mercato immobiliare nele sei grandi citta'” condotto dal centro studi di Tecnoborsa.
Secondo la ricerca che ha cadenza biennale, il 56,7% di chi ha acquistato lo ha fatto tramite agenzia, con un incremento di ben 12 punti rispetto alla precedente rilevazione, mentre solo il 4,3% asi è avvalso di altri professionisti.
Rimane invariata rispeto al 2013 la quota (38,3%) di chi ha preferito fare da sè, allo scopo di risparmiare su costi di intermediazione giudicati troppo elevati.
La stessa ragione per cui è diminuita la quota dei venditori che si sono serviti di un mediatore sono il 60,7% con un calo di 2,5 punti nel biennio. Il ruolo delle agenzie nelle vendite resta fondamentale, perchè se si esaminano i canali informativi che sono serviti agli acquirenti per conoscere l’offerta dell’immobile che poi hanno comprato si scopre che il passaparola è servito nel 30% dei casi mentre per la rimanente quota si sono rivelati decisivi i media utilizzati dalle agenzie, come le inserzioni su Internet, social media, riviste specializzate o i cartelli.
Buon lavoro a tutti i colleghi!
Fonte Indagine Tecnoborsa novembre 2015
http://www.tecnoborsa.com/indagine-tecnoborsa-2015-famiglie-romane-e-il-mercato-immobiliare-intermediazione-valutazione
Il cinema America, chiuso per fallimento dal ’99, rimane completamente abbandonato e in rovina per anni. Nel 2002 viene acquistato dalla Progetto Uno srl, società che vuole abbatterlo per ricavarne venti mini appartamenti di lusso e un garage. Ma il 13 novembre 2012, quando la giunta Alemanno sta per dare l’ok ai lavori, scatta l’occupazione.
“Con la riforma Gelmini – racconta Valerio Carocci, 23 anni, Scienze della Comunicazione alla Sapienza fondatore dell’associazione piccolo cinema america e occupante della prima ora – non avevamo più le scuole come luogo di incontro nel pomeriggio. Molti ragazzi della periferia, che venivano a studiare in Centro, non trovavano luoghi di aggregazione. Così in 50, liceali e universitari, abbiamo scelto l’America come spazio perfetto, un simbolo della speculazione edilizia in un quartiere vetrina.
Nei diciotto mesi successivi, i volontari hanno rifatto tetto, grondaia, pavimenti, impianto elettrico. Creata una biblioteca e un’aula studio. Centomila euro di lavori, raccolti con le sottoscrizioni.
L’occupazione ha successo, le serate sono sempre più affollate, la storia dei ragazzi dell’America comincia a interessare registi, attori e produttori. Artisti attratti da quella platea giovane e appassionata. Mille giovani in sala, una cosa mai vista. A Via Natale del Grande vengono a presentare i loro film, o quelli dei loro maestri i premi Oscar Gabriele Salvatores, Paolo Sorrentino, Giuseppe Tornatore. Nanni Moretti, Carlo Verdone, Paolo Virzì. E ancora, per citare solo alcuni nomi: Francesca Archibugi, Francesco Bruni, Francesca e Cristina Comencini, Matteo Garrone, Daniele Luchetti, Mario Martone. Con Alessandro Gassman, Elio Germano, Rocco Papaleo, Toni Servillo, Valerio Mastandrea. E gli stessi maestri: Bernardo Bertolucci, Giuliano Montaldo, Francesco Rosi, Ettore Scola.
Forti di tanto sostegno, gli occupanti spingono Comune e Regione a fare un passo avanti: la candidatura dell’America a bene di interesse culturale. Tutelato dunque da precisi vincoli di destinazione d’uso.
A novembre, scatta il doppio vincolo: sull’edificio che non può essere destinato ad uso residenziale, e sulle decorazioni interne di Pietro Cascella.
La proprietà invece impugna i vincoli davanti al Tar.
Il 6 ottobre 2015 il TAR ha appena respinto i due ricorsi del costruttore privato che voleva demolire il Cinema America. Trastevere, mondo cinematografico ed il Piccolo America hanno nuovamente vinto sulle volontà speculative della società Progetto 1 srl di Massimo Paganini e Victor Raccah
Ecco il sogno che ha incantato tutti: non le mani, ma il cuore sul cinema.
Sono quindici, tutti studenti di liceo e universitari tra i 16 e i 23 anni provenienti da diverse zone della periferia romana. Ma sono riusciti a tirare fuori dalle quattro mura di una stanza singola la loro generazione di nativi digitali, nati e cresciuti con la testa dentro il monitor di un computer e oggi entusiasti di aprire lo sguardo sul grande schermo.
Come dice Valerio Carocci, uno dei ragazzi capofila del Cinema America, «non conta il posto, contano il gruppo e le idee». E loro di idee ne hanno tante. Culturali, sociali e imprenditoriali.
La più ambiziosa? Trasformare Trastevere in un Rione del cinema, tracciando la storia dei tanti set cui ha fatto da location e creando un “circuito diffuso” di monosale, dal Sacher all’America, dall’Alcazar al Reale, con un unico portale online e botteghini condivisi alla maniera del West End della Londra dei teatri
A sentirlo parlare, con i suoi 23 anni investiti a studiare Comunicazione all’università, Valerio farebbe invidia ai manager più navigati. «Basta immaginare la città in modo diverso, più innovativo. L’occupazione del Cinema America è stato un momento di resistenza contro la passività delle istituzioni. L’assenza di dialogo e le mancate promesse sono frustranti perché ti fanno sentire sbagliato, ti fanno sentire un problema. Invece, in una società civile, i giovani che si attivano in ambito culturale e sociale dovrebbero essere una risorsa. In questi settori tutti i bandi regionali, nazionali ed europei chiedono la creazione di nuovi pubblici. Noi lo abbiamo fatto ma continuiamo ad essere ignorati».
Ottenuto dal ministero il vincolo di bene di interesse storico-artistico sulla sala del Cinema America e dopo lo sgombero notturno di cui Valerio ancora oggi riesce a parlare a mala pena per lo shock subito in prima persona, da solo, e di cui anche Francesco Bruni ci ha raccontato di essere stato testimone casuale e allibito, i ragazzi del Cinema America continuano a lavorare con metodo e passione a progetti alternativi che stanno diffondendo un vero e proprio contagio cinematografico tra i loro coetanei.
«La cosa sorprendente è che nessuno di noi era appassionato di cinema» continua a raccontarci Valerio. «Abbiamo scelto di occupare l’America perché l’intero rione era in mobilitazione da 8 anni e a Roma rappresentava l’emblema della lotta popolare per la memoria storica contro il tentativo di rigenerazione urbana meramente speculativa. Poi, come ci ha detto Bernardo Bertolucci, il cinema lo abbiamo imparato facendolo e oggi non scarichiamo più i film. Avere uno spazio dove entrare in contatto diretto con chi fa il cinema, toccare con mano l’amore che autori e produttori hanno per il loro mestiere, questo ha fatto innamorare anche noi».
«L’idea è nata dall’esigenza di incanalare la nostra delusione in modo costruttivo e di trasformarla in attivazione e proposta, non solo in protesta» ci ha spiegato Valerio. «Vogliamo fare e non solo criticare, anche perché il modo migliore di muovere una critica contro l’immobilità è proprio l’iniziativa concreta
Nonostante i duemila spettatori riuniti a metà maggio con la sola forza dei social network per assistere alla proiezione gratuita del “Rocky Horror Picture Show” sulle mura di Castel Sant’Angelo, le istituzioni continuano a trascurare questa sorprendente avventura cinematografica, mentre il mondo del cinema ne ha colto le enormi potenzialità.
«Produttori e distributori hanno capito la nostra capacità di comunicazione con il pubblico dei nostri coetanei» spiega Valerio «e in questo caso hanno scelto una sala non convenzionale, perché si tratta di un film di lotta che avrebbero voluto poter proiettare al Cinema America. Noi nativi digitali siamo stati abituati a credere che il cinema sia un momento individuale, da vivere sul pc di casa scaricando film da internet, invece stiamo imparando che il cinema va visto in sala. E la sala può essere ovunque, purché sia un luogo di condivisione».
Investire sui giovani, renderli protagonisti e non solo fruitori, appassionarli e poi accompagnarli nella scoperta di nuove passioni. Questo è il futuro (non solo) del cinema, a fronte delle sale cittadine che invece si svuotano. Ma per dimostrare quanto importante sia l’educazione delle nuove generazioni alla sala, luogo per molti sconosciuto, un’esperienza come quella dei ragazzi del Cinema America è dovuta passare attraverso l’occupazione di un immobile privato – che hanno ristrutturato a spese loro, con quasi 200 mila euro di offerte libere raccolte in due anni di iniziative – e una serie di proiezioni pubbliche non autorizzate.
«Nella lotta culturale e sociale, il confine tra legale e illegale non deve essere un vincolo. Ci sono cose giuste e cose ingiuste e a volte la legge deve essere riscritta. L’occupazione del Cinema America era illegale ma, se non ci fosse stata, un immobile di indiscutibile valore culturale e antropologico sarebbe stato demolito. Sappiamo che non tutte le sale dismesse potranno riaprire come sale cinematografiche, ma chiediamo almeno che vengano destinate a servizi alternativi, quali biblioteche o sale studio, piuttosto che vederle trasformate in ennesimi esercizi commerciali da movida notturna. Se riusciamo a riportare il pubblico al cinema, avremo almeno eliminato l’alibi più diffuso della speculazione edilizia sulle sale dismesse.
fonte
Repubblica di Giulia Santerini 26/3/205
Espresso di Ornella Sgroi 28/5/2015
Repubblica 6/10/2015
Italia • Milano la kermesse più ricca di eventi e avvenimenti dell’anno, il Salone del Mobile, che richiama addetti e visitatori da tutta Italia e da tutto il mondo. Perché come siamo bravi a fare gli arredi noi non lo è nessuno. Abbiamo conquistato Paesi del tutto diversi per cultura, storia e gusto estetico producendo e realizzando mobili su misura per russi, arabi, americani, cinesi, giapponesi, persino capi di stato e dittatori africani. Ovunque vai nel mondo trovi mobili e arredamenti italiani: negli alberghi, sulle navi, dentro gli ovattati saloni delle banche d’affari, sulla cima dei grattacieli più assurdi. Si parla delle eccellenze italiane della moda, della meccanica di precisione, del cibo ma ci si dimentica sempre del mobile come se fosse un accessorio di poco conto per la nostra bilancia dei pagamenti. L’Italia è, infatti, tra i soli 5 Paesi al mondo ad avere un surplus commerciale manifatturiero con l’estero superiore ai 100 miliardi di dollari. In questo quadro uno dei settori trainanti dell’economia e dell’export nazionale è proprio il legno arredo: con oltre 10 miliardi di surplus, l’industria italiana del mobile è seconda nella graduatoria mondiale, preceduta solo dalla Cina.
Nel documentarci su questi dati prima di stendere queste brevi note, il pensiero, per analogia linguistica, è scivolato fatalmente dal termine ‘mobile’ a quello di ‘immobile’ con qualche considerazione a latere. Siamo altrettanto bravi a costruire immobili come a fare mobili? Sì. I nostri palazzi possono competere a livello mondiale con quelli dei più famosi architetti e progettisti? Sì. Il livello di finitura e accuratezza nei dettagli è migliore di qualsiasi altro operatore costruttore al mondo? Sì. Abbiamo un indotto di imprese manifatturiere correlate all’edilizia completo e di elevatissima qualità. Sì. L’eleganza e lo stile dei nostri building è superiore a qualsiasi altro modello internazionale? Sì.
Eppure da tutti questi ‘sì’ scaturisce non una montagna ma un topolino. Di tutta questa supremazia culturale, artistica, tecnica non ci portiamo a casa nulla, se non piccoli bocconcini raffazzonati qua e là in giro per il mondo dai singoli soggetti manifatturieri. Null’altro. Il mondo della moda, del legno, dell’auto di lusso non fatturano nemmeno la metà di quello immobiliare eppure creano ricchezza, valore, immagine.
La gente viene da tutto il mondo per vedere gli abiti dei nostri stilisti, le cucine e le camere da letto dei nostri mobilieri, i cibi dei nostri territori preparati dai nostri cuochi. Eppure non siamo stati capaci di far venire nessuno, o quasi, a vedere i nostri palazzi, la nostra abilità nel costruirli, nel convertirli, nel rigenerarli. Abbiamo il più grande museo a cielo aperto di edifici storici, di palazzi nobiliari, di tenute e dimore di classe, eppur non sappiamo minimamente valorizzarli e tradurli in una proposta di sistema. Abbiamo un patrimonio pubblico che potrebbe essere lavorato e reso interessante per ogni tipo di investitore internazionale, eppure lasciamo deperire e frantumare questi oggetti per incuria e mancanza di idee. Abbiamo città piene di orrendi condomini – piccoli crimini contro l’umanità – che andrebbero distrutti e cancellati anche dalla memoria per lasciare spazio a nuovi grattacieli o strutture abitative, eppure tutto rimane bloccato, inerme di fronte a difficoltà di ogni genere, piccole e grandi.
Forse c’è qualcosa di sbagliato in tutto questo modo di procedere che abbiamo adottato finora, in questo disinteresse pubblico e privato per il nostro costruito come se fosse un moloch intoccabile e sacro. Forse non abbiamo capito la lezione dei mobilieri e dei sarti, pardon stilisti, che hanno fatto dell’Italia un marchio da esportare e un motivo di business. Ma con i “forse”, gli “eppure” e i “ma” non si va da nessuna parte.
fonte redazione del quotidiano immobiliare aprile 2015
Un omaggio al passato che accompagna l’apertura alla contemporaneità
Oggi: Dal 7 marzo 2007 le sette stelle che brillano sulla galleria di Milano compongono una corona luminosa ideata dal talento imprenditoriale di Alessandro Rosso, l’uomo che ha concepito il progetto, e dall’estetica innovativa di Ettore Mocchetti, direttore di AD Architectural Digest, da decenni il testimone più attendibile delle correnti d’avanguardia del design e dell’architettura. Una sinergia di competenze destinata al successo.
Ieri: Il 7 marzo 1865, pochi anni dopo la proclamazione del Regno d’Italia, il Re Vittorio Emanuele II pone la prima pietra per la costruzione della monumentale Galleria, intitolata a suo nome. Progettata da Giuseppe Mengoni, come via di collegamento fra il Teatro alla Scala e il Duomo, la Galleria rappresenta simbolicamente il trait-d ’union fra il sacro e il profano. La grande cupola fonte principale di luce, padroneggia maestosa dall’alto. L’elegante Galleria diventa da subito per i milanesi il luogo di incontro ideale, tanto che ancor oggi è chiamata il Salotto di Milano. Il Re Vittorio Emanuele II volle in Galleria prestigiose Sale per ospitare incontri privati e pubblici, feste e balli sfarzosi. In quelle Sale si sono avvicendati nobili e maggiorenti borghesi, capi di stato e grandi artisti, principesse e cortigiane, in un valzer ideale che ha scandito la storia dei primi anni del Regno d’Italia.
Nel nuovo secolo per la loro posizione strategica e un’acustica eccezionale, le Sale sono state adottate dal Teatro Alla Scala per le prove degli artisti. Le Sale non erano più al servizio del Re ma dell’Arte.