„La media nazionale è di 6,3 annualità. Situazione più rosea che nel 2005, quando nel capoluogo lombardo occorrevano 13,5 annualità
Quanti anni di lavoro servono per comprare casa? A Milano 9,1, nettamente sopra rispetto alla media nazionale che, nel 2015, è di 6,3 annualità di stipendio. Calcoli forniti da Tecnocasa e che ovviamente risentono del fatto di essere medie con scarti molto ampi, ma comunque interessanti per capire come va il mercato immobiliare.
Rispetto al 2014, la media nazionale è in leggero calo (era 6,6 annualità), a Milano invece è in crescita (servivano 9 annualità). Rispetto al 2005, invece, il calo è marcato. A livello nazionale occorrevano 10 annualità, a Milano ben 13,5.
La città di Milano resta la seconda in Italia dopo Roma, dove ora (2015) occorrono 10,6 annualità di stipendio. I calcoli sono stati effettuati per un immobile medio usato di 85 metri quadri, considerando stipendi medi secondo l’Istat escludendo però i compensi dei dirigenti e, naturalmente, ipotizzando che l’intero stipendio sia destinato all’acquisto dell’abitazione.
Milano è la città più cara in Italia, se si guarda al centro. In questa area per comprare casa, secondo i dati elaborati da Scenari Immobiliari, bisogna mettere in conto in media 8.800 euro al metro quadrato, valori che peraltro sono saliti del 2,9% tra il 2010 e il 2015. Nonostante la crisi immobiliare, infatti, gli immobili di qualità hanno saputo mantenere il proprio valore soprattutto nelle location centrali. Nel semicentro, invece, i prezzi sono calati del 7,8% e si compra con 3.900 euro al mq in media (nel 2010 ci volevano 4.200 euro al mq).
Roma occupa il secondo posto della classifica delle città più care con prezzi la metro quadrato in centro pari in media a 7.800 euro, in crescita del 4% nel quinquennio considerato. Se si guarda al semicentro Roma è più cara di Milano: 4.150 euro al mq, in calo del 7,8% dai 4.500 euro del 2010.
Al terzo posto Venezia dove il metro quadrato in centro costa in media 7.200 euro esattamente lo stesso valore di cinque anni fa.
Al quarto posto Firenze con valori intorno a 5.700 euro la mq, in aumento del 3,6% dal 2010.
E Napoli? In centro si compra con 5.200 euro al metro, valore sceso dai 5.600 euro di cinque anni orsono.
Fonte web sole 24 ore 23/8/2016
“Tutte le strade portano a Roma” è solo un proverbio? Sembra proprio di no. Lo dice una mappa creata dai designer Benedikt Groß, Phillip Schmitt e Raphael Reimann, che hanno cercato di dare una risposta al famoso detto associato alla potenza delle infrastrutture dell’Impero Romano.
Moovel Lab è un gruppo di ricerca – con sede a Stoccarda, in Germania – che si occupa di studiare, con dati e algoritmi, la mobilità e i trasporti: fa parte di Moovel, la società che mette a disposizione il software sfruttato per esempio da Car2Go. In uno studio pubblicato il 9 dicembre Moovel Lab ha provato a rispondere alla domanda: “Tutte le strade portano a Roma?”. Sul sito del progetto è spiegato che la domanda – una sorta di modo di dire, derivato dai tempi in cui Roma era capitale di un impero – tormentava da un po’ di tempo Benedikt Groß, uno dei membri di Movel Lab, specializzato in scienza computazionale, quella cosa con cui si cerca – in estrema sintesi – di usare la potenza di calcolo ed elaborazione dei computer per rispondere a domande altrimenti impossibili. Groß non è riuscito a rispondere con un “sì” o un “no” alla domanda su Roma. Sfruttando software di calcolo, mappe e programmi di elaborazione grafica è però riuscito a visualizzare tutte le principali strade che da circa 500mila punti di partenza in Europa portano a Roma.
È risaputo che una delle più grande opere realizzate dai Romani è il loro eccellente sistema viario, essenziale per la crescita e lo sviluppo dell’Impero. Lo stesso Strabone nella sua Geografia scrisse: “I Romani posero ogni cura in tre cose soprattutto, che dai Greci furono trascurate, cioè nell’aprire le strade, nel costruire acquedotti e nel disporre nel sottosuolo le cloache”. Solo in Italia i Romani realizzarono più di 80000 chilometri di strade che da Roma conducevano verso tutti gli altri principali luoghi del paese fino alle più importanti province dell’Impero. Da Roma verso l’Italia, dalla Mesopotamia alla Britannia fino alle famose Colonne d’Ercole, nel Foro Romano si trovavano addirittura delle mappe generali che riportavano i diversi percorsi delle vie consolari, utili da itinerario per i viaggiatori in movimento lungo l’Impero: questo a dimostrazione di quanto i Romani dessero importanza alla propria rete viaria, sicuramente una delle opere più riuscite dell’antichità. Ed è proprio a celebrazione dell’ingegno urbanistico dei Romani e della centralità di Roma all’interno dell’Impero Romani che col si è diffuso il famoso proverbio popolare “Tutte le strade portano a Roma”
C’è un detto che tutte le strade portano a Roma. Siamo partiti per 3.375.746 viaggi per verificare se fosse vero.
La prima domanda che ci siamo chiesti è stata: da dove cominciare quando si vuole conoscere ogni strada che porta a Roma? Abbiamo allineato i punti di partenza in una griglia di 26.503.452 km² che coprono tutta l’Europa. Ogni cellula di questa griglia contiene il punto di partenza per uno dei nostri viaggi a Roma. Ottenuti i nostri 486.713 punti di partenza…abbiamo creato un algoritmo che calcola una rotta per ogni viaggio.
Tutte le strade portano a Roma! È possibile raggiungere la città eterna su quasi 500.000 rotte da tutto il continente.
fonte web fanpage.it di Clara Salzano
Prima supporto per la navigazione, poi abbandonati, oggi diventano strutture ricettive, rifugi e centri di ricerca
Costruiti in passato per orientare la navigazione, i fari si stanno trasformando in strutture ricettive, mettendo alla portata di tutti il loro fascino misterioso.
Non avendo più una funzione di supporto al traffico marittimo, perché sostituiti dai segnali radio e GPS, i fari sono stati abbandonati, ma stanno risorgendo a nuova vita grazie al loro potenziale turistico. Si trovano infatti in zone costiere suggestive, che li rendono un luogo ideale per il tempo libero e progetti di ricerca.
Il riutilizzo dei fari è diventato un business, ma anche un modo per rendere fruibile e riqualificare il patrimonio costiero. Ne è un esempio il bando progetto Valore Paese – FARI dell’Agenzia del Demanio per la riqualificazione e gestione fino a 50 anni degli edifici costieri.
Di seguito i primi nove progetti vincitori.
Punta Cavazzi, Ustica
Il progetto della Sabir Immobiliare srl prevede la creazione di una foresteria e un hub culturale per studenti e giovani ricercatori appassionati al tema del mare.
Capo Grosso, Isola di Levanzo – Favignana
Il progetto di Lorenzo Malafarina prevede un resort in cui ospitare workshop di cucina, fotografia, eventi, escursioni e attività legate alla vela, alla pesca e allo yoga di livello internazionale.
Brucoli, Augusta
La società Azzurra Ca
Murro di Porco, Siracusa
L’imprenditore under 30 Sebastian Cortese ha proposto un modello di business articolato su vari fronti: ristorazione, marketing, congressi, eventi e ben 14 posti letto tra suite e boutique apartment.
pital srl lo trasformerà in punto di accoglienza turistica associato ai prodotti enogastronomici locali.
Punta Imperatore, Forio D’Ischia
La società tedesca Floatel GMbH, che vanta una esperienza di riqualificazione di fari in Scozia, Spagna e Germania, lo trasformerà in un rifugio inteso come spazio di riflessione. Previsto un approccio minimal e standard elevati.
San Domino, Isole Tremiti
Anche qui, come a Forio D’Ischia, la società Floatel GMbH realizzerà un rifugio di lusso.
Capo D’Orso, Maiori
Sarà gestito dal WWF che accanto agli spazi per l’ospitalità realizzerà un osservatorio marino-costiero, un centro visite, percorsi natura e una bottega dei sapori.
Punta Fenaio, Isola del Giglio
La la società S.N.P. di Pini Paola & C. dopo la riqualificazione gestirà un’attività ricettiva legata ai caratteri distintivi del territorio.
Punta Capel Rosso, Isola del Giglio
La ATI Raggio- Le Esperidi realizzerà un museo dinamico per il mantenimento della memoria storica del faro. Ogni componente dovrà essere coerente con l’idea di recupero e compatibile con gli obiettivi dell’Ente Parco e di sviluppo del territorio.
Continua a rallentare la discesa dei prezzi del mercato residenziale italiano e, secondo l’Osservatorio condotto dall’Ufficio Studi di Immobiliare.it (http://www.immobiliare.it), nel primo semestre 2016 la riduzione è stata pari al 2,1%.
Si conferma quindi la tendenza evidenziata nelle rilevazioni precedenti che avevano fatto registrare, per il 2015 un -5,1% sui dodici mesi, diventato poi -2,9% nel secondo semestre dello scorso anno.
A giugno 2016 il prezzo medio di un immobile italiano è stato pari a 1.964 euro al metro quadrato, anche se con oscillazioni importanti lungo lo Stivale; al Nord il costo evidenziato dall’Osservatorio sul mercato residenziale italiano messo a punto dall’Ufficio Studi di Immobiliare.it è pari a 1.969 euro al metro quadro che diventano 1.652 euro al Sud e addirittura 2.381 euro al metro quadro al Centro.
Importante anche la differenza in termini assoluti fra grandi e piccoli centri: nelle località con oltre 250.000 abitanti il costo medio al metro quadro è pari a 2.610 euro; 1.721 euro per ciascun metro quadrato nei comuni con meno di 250.000 residenti.
Le differenze, però, diventano minime se si analizzano i valori, e le relative variazioni, in termini percentuali; tanto al Nord quanto al Sud Italia i prezzi si sono ridotti del 2% su base annua e, rispettivamente, dello 0,7% e dello 0,6% da marzo a giugno 2016. Al Centro le diminuzioni di costo sono state pari al 2,5% nei dodici mesi e allo 0,5% nell’ultimo trimestre.
La situazione varia poco anche se l’analisi viene fatta considerando come parametro la dimensione della città; nell’anno i prezzi si sono ridotti dell’1,9% nei grandi centri, del 2,2% in quelli più piccoli.
«Come avevamo previsto – dichiara Guido Lodigiani, Direttore Corporate e Ufficio Studi di Immobiliare.it – dopo anni di forte crisi il mercato immobiliare italiano tende nuovamente alla stabilità e questo non può che essere un bene anche per gli investitori che, infatti, ritornano a guardare con interesse al nostro Paese.»
I capoluoghi di Regione
Anche nel primo semestre del 2016 Firenze conserva il primato di capoluogo di regione più caro d’Italia con un prezzo al metro quadro pari a 3.418 euro, comunque inferiore dello 0,4% rispetto al 2015; seconda, nella classifica dei prezzi, è Roma che registra un calo importante nell’anno (-2,4%) e arriva ad una media di 3.381 euro al metro quadro sorpassando di un soffio Milano che si ferma a 3.255 euro (-0,3% nell’anno).
fonte Immobiliare.it 26/7/2016
Dall’Australia la nuova tendenza le case si vendono piu’ velocemente e a un prezzo maggiore se nelle vicinanze ci sono i famosi mostriciattoli.
Brindano gli azionisti Nintendo che vedono volare i titoli dell’azienda giapponese grazie al fenomeno del momento, il gioco Pokémon Go. Pare che la app stia iniziando inaspettatamente a fare la fortuna anche del mercato immobiliare.
Costo, vicinanza ai servizi pubblici, dimensioni, finiture e impianti non sono gli unici aspetti da evidenziare negli annunci. Le case si vendono più velocemente e a un prezzo maggiore se c’è la presenza di PokeStop (qui i giocatori raccolgono oggetti utili) e Gym (luogo dove si allenano i Pokémon). Lo rende noto l’agenzia immobiliare RE/MAX Italia, che racconta questo trend nato in Australia.
La caccia è sempre aperta per cui, «Quando hai la possibilità di scegliere tra 300 proposte identiche, perché non preferirne una vicino a un PokeStop?», dichiara divertito Rob Levy dell’agenzia RE/MAX della piccola città di Townsville Cranbrook, nello stato di Queensland. L’agente adesso è solito inserire nella descrizione della casa anche l’eventuale presenza di questi mostriciattoli, come si legge per la villa al civico 222 di Charles Street: “Basta attraversare la strada per trovare un enorme parco con attrezzature sportive e abbiamo scoperto che vi è anche qualche raro Pokémon”.
Fonte La repubblica 19/7/2016
Aiutare i figli nell’acquisto di una casa è il desiderio di molti genitori. Senza il sostegno di mamma e papà, anzi, in questi ultimi anni di crisi economica, elevato tasso di precarietà e disoccupazione giovanile, il livello del mercato immobiliare residenziale sarebbe stato con ogni probabilità ridotto ancora di più ai minimi termini. Si tratta di un aiuto legittimo che, tuttavia, per non comportare problemi fiscali e civilistici – e per non pregiudicare una corretta gestione delle future questioni ereditarie – deve avvenire nel modo più trasparente possibile, con passaggi di denaro chiari e tracciabili. Succede invece che – per poca conoscenza della materia e magari proprio per paura di contravvenire alla legge – spesso si agisca in modo da mettere a rischio un’operazione che invece è del tutto lecita.
Sostanzialmente ci sono due strade percorribili per sostenere i figli nell’acquisto della casa – tema che è stato al centro di uno degli appuntamenti di “Comprar casa senza rischi”, incontri con la cittadinanza organizzati dal Consiglio notarile di Milano: o si cede ai figli una somma di denaro che poi verrà utilizzata per acquistare l’immobile, o si dispone direttamente dal proprio conto corrente il pagamento alla parte venditrice davanti al notaio.
La donazione di denaro con atto notarile
La prima ipotesi necessita di un doppio passaggio e di regola di due atti notarili. Il primo è la donazione del denaro, il secondo è la compravendita della casa, il cui prezzo sarà a questo punto pagato direttamente dai figli. Tra i vantaggi di questa soluzione – spiega un vademecum dei notai – c’è un elevato grado di chiarezza sui passaggi di denaro e la trasparenza nei rapporti familiari, specialmente se ci sono altri figli. Inoltre, dato che il passaggio di denaro avviene attraverso un atto registrato, è noto all’amministrazione finanziaria e quindi non sorge nessun tipo di problema davanti a eventuali verifiche fiscali sulla provenienza del denaro. Non emerge poi nessuna donazione dall’atto di compravendita, il che facilità l’eventuale successiva alienazione dell’immobile (vedi articolo in basso). Tra gli svantaggi c’è principalmente l’aumento dei costi, perché il notaio redige due atti. Inoltre la donazione di denaro va a erodere la franchigia di un milione di euro (limite su cui non si pagano imposte) di cui gode la tassazione sulla successione ereditaria.
Il pagamento dei genitori al venditore
La seconda ipotesi è invece più snella e meno costosa, perché si redige un solo atto e l’importo pagato non erode le franchigia per la successione. «Se l’atto è ben scritto – spiega il vademecum – è comunque garantita la chiarezza e la trasparenza dell’operazione», tuttavia «potrebbe accadere che la liberalità che emerga dall’atto di compravendita possa complicare la successiva rivendita della casa, sebbene tale rischio sarebbe privo di ragioni alla luce dei più recenti orientamenti dottrinali e giurisprudenziali». Potrebbe anche accadere «che l’atto di compravendita, ove ometta o comunque non sia chiaro nell’esplicitare che i genitori paghino in tutto o in parte il prezzo dovuto al venditore, non assicuri la necessaria chiarezza, sia nei rapporti famigliari, sia rispetto a eventuali controlli dell’Agenzia delle Entrate».
Il passaggio di denaro senza donazione
Una “variante” della prima ipotesi non presa esplicitamente in considerazione dal vademecum dei notai potrebbe però consistere anche in un passaggio di denaro – sempre “tracciabile” – da un conto corrente all’altro, senza che ci sia un atto di donazione davanti al notaio. Si tratta in realtà di una pratica molto diffusa, soprattutto nel caso i genitori coprano solo una parte dell’importo necessario all’acquisto, tipicamente (almeno) quello che non si riesce a finanziare con il mutuo. È una prassi che non va contro la legge, soprattutto se si tratta di un “importo non rilevante”. Un primo problema è però che in sostanza non esiste una soglia critica circa la somma donabile: la “rilevanza” dipende dal patrimonio di chi trasferisce i soldi, dal contesto, dall’area geografica e da altri criteri che solo il giudice potrà eventualmente stabilire in caso di contestazioni.
Il rischio redditometro
«La principale controindicazione di questi passaggi, oltre la mancata trasparenza per cui queste donazioni potrebbero essere sconosciute ad altri eredi – commentano dal Notariato – è che può più facilmente scattare un accertamento delle Entrate, a cui si dovrà documentare la lecita provenienza del trasferimento, cosa che può essere poco auspicabile per chi non ha mai avuto a che fare con l’amministrazione finanziaria». O comunque per chi preferisce non essere sottoposto a controlli fiscali. La spesa per una casa può infatti facilmente incappare nelle incongruenze vagliate dal meccanismo del cosiddetto “redditometro”: in sostanza quando si riscontrino differenze di più del 20% tra il reddito dichiarato dal contribuente e spese effettuate, cosa che accade facilmente nel caso dell’acquisto di una casa.
Mantenere il controllo sulla casa
Capita spesso che i genitori desiderino mantenere un qualche tipo di controllo sulla casa dei figli, per evitare che possano ad esempio rivenderla per ottenere liquidità. In questo caso il consiglio potrebbe essere quello di intestarsi un particolare diritto (per esempio l’usufrutto) o una quota di comproprietà. In questo caso vanno messi sulla bilancia i relativi costi in termini fiscali.
Le complicazioni in caso di successione
Tipicamente si decide di intestare l’immobile direttamente ai figli, per evitare di pagare l’Imu e le tasse d’acquisto sulla seconda casa e per prevenire il possibile inasprimento dell’imposta di successione (che oggi non si paga sotto il milione di euro). E magari per non dover ricorrere poi a un atto di donazione in futuro.
Le donazioni – si pensi anche al caso in cui l’immobile sia già in possesso dei genitori – possono infatti comportare due tipi di complicazioni. Da un lato altri eredi potrebbero rivendicare la parte di eredità a loro riservata dalla legge (la cosiddetta legittima): non è infatti possibile usare la donazione per sottrarre beni al proprio patrimonio disponibile. Dall’altro, per lo stesso motivo, il bene risulta difficilmente rivendibile. Questo perché al momento della preparazione dell’eventuale futuro rogito, il notaio, rilevando una donazione negli atti di provenienza, metterà in guardia il potenziale acquirente dai rischi di rivalsa. La circolazione di un bene donato incorre in questi problemi per 20 anni dalla donazione o per 10 dalla successione.
il sole 24 ore
Nel mese di Aprile 2016 per gli immobili residenziali in vendita sono stati richiesti in media € 3.322 per metro quadro, contro i € 3.415 registrati il mese di Aprile 2015 (con una diminuzione del 2,75% in un anno). Nel corso degli ultimi 24 mesi, il prezzo richiesto all’interno del comune di Roma ha raggiunto il suo massimo nel mese di Maggio 2014, con un valore di € 3.615 al metro quadro. Il mese in cui è stato richiesto il prezzo più basso è Gennaio 2016: per un immobile in vendita sono stati richiesti € 3.305 per metro quadrato.
Fonte Immobiliare.it
Dalla sala da pranzo con il tubo catodico che trasmetteva in bianco e nero Carosello, alla zona living in cui brillano i colori della TV OLED sintonizzata su un film in 4k; dalle prime lavatrici a cestello con comando manuale nell’unico bagno di famiglia, a lavatrici piccole e silenziose, tanto da essere ospitate nel bagno en suite. Come si sono trasformate le nostre case dagli anni Cinquanta ad oggi, e che ruolo ha giocato la tecnologia in questa evoluzione? La risposta arriva dall’analisi condotta dal Centro Studi di Casa.it e da LG, in occasione del Fuorisalone, da cui emerge il ruolo dominante della zona living, più ampia in media del 45% e che accoglie la cucina. Minore spazio per le camere da letto mentre cresce l’esigenza di più bagni anche in ambienti piccoli. Allo stesso tempo l’innovazione tecnologica anticipa questo mutamento proponendo soluzioni di design e di arredo: se da un lato aumentano le dimensioni di TV e frigorifero, per altri elettrodomestici, come la lavatrice, aumenta la capacità rimanendo in dimensioni standard.
“Nel corso dei decenni le case degli italiani hanno dato espressione al cambiamento della cultura, degli usi e dei costumi di un intero Paese”, commenta Alessandro Ghisolfi, responsabile del Centro Studi Casa.it. “La suddivisione degli spazi ce lo racconta, attraverso stanze che oggi, rispetto al passato, si sono modificate radicalmente creando ambienti più funzionali e ridefinendo l’organizzazione della vita domestica. Un esempio lampante è dato dalla zona living, protagonista assoluta dei nostri tempi e a cui si dedica il 40/45% della superficie totale occupata. Un luogo che ha incluso la cucina, che prima ricopriva una porzione piccola e separata, dando forma a un ambiente più ampio e accogliente, che concepisce il cibo come un momento di grande socialità”.
“I cambiamenti nella suddivisione degli spazi all’interno delle case degli italiani hanno ovviamente influito sulle loro abitudini ed esigenze in fatto di elettrodomestici”, commenta Sergio Buttignoni, Consumer Marketing Senior Manager LG Electronics Italia. “Rispetto al passato è cresciuta l’attenzione all’estetica del prodotto, oltre che alle sue funzionalità. Seguendo l’esempio della zona living, questa nuova zona della casa ha portato i consumatori italiani ad orientarsi verso elettrodomestici in grado di arredare, oltre che di svolgere la loro abituale funzione. Un esempio su tutti è il frigorifero, non più relegato in cucina ma vero e proprio oggetto di design esposto in bella vista nella zona più frequentata della casa, il living appunto. Anche il tanto amato TV ha subito l’influenza di questa nuova stanza; oggi infatti quello della zona living è spesso l’unico TV per un ambiente molto ampio, motivo per cui i consumatori preferiscono sempre più spesso schermi dai 55 pollici in su con design e prestazioni al top. Nel 2015 la vendita di TV OLED, i cui schermi partono appunto dai 55 pollici, è cresciuta di circa il 464% rispetto all’anno precedente”.
La Zona Living che integra cucina, ingressi e corridoi
La cucina, da locale considerato “di servizio”, con il passare del tempo è cresciuta per importanza e dimensioni, fino a diventare parte integrante della zona living. Questa tendenza, già in atto dagli anni Novanta, si è ormai consolidata soprattutto in appartamenti di metratura inferiore ai 90 mq. Se nelle abitazioni costruite negli anni ’60, nel 95% dei casi la cucina era un locale a sé stante, negli ultimi 10 anni il locale dedicato è scomparso andandosi ad integrare con il soggiorno. È questa oggi l’area degli appartamenti moderni che si può considerare più importante, se non altro in termini di metratura. In un immobile di 100 mq, l’area living oggi è circa il 40/45% del totale nel caso di cucina open space e 35% nel caso di cucina separata.
Il nido d’amore è sempre più intimo
Negli anni Sessanta la camera da letto era considerata un ambiente più centrale nella vita domestica e la sua superficie poteva arrivare a misurare fino a 20 mq all’interno di un appartamento di 100 mq. Oggi, in appartamenti delle stesse dimensioni, la camera da letto misura in media circa 13 mq. Questa tendenza è andata sempre di più affermandosi con la moda della “cabina armadio”, ricavata in appartamenti a partire dai 95/100 mq.
Meno spazio, ma più bagni
Anche il bagno ha subito una trasformazione in termini di spazi occupati. Tra gli anni Cinquanta e Settanta, all’interno degli appartamenti ne era presente solo uno, generalmente di ampie dimensioni (superiori ai 12 mq). Oggi, invece, anche in appartamenti più piccoli (70 mq), si tende a progettare interni che abbiano almeno due bagni, ma di dimensioni minori. La nuova tendenza? Il bagno en suite, accessibile e ricavato direttamente dalla camera da letto.
fonte quotidiano casa.it 16/4/2016