Fiaip: “Entra in vigore il deposito prezzo al notaio, nuova tassa sulla casa”
La Fiaip (Federazione italiana agenti immobiliari professionali) tramite una nota ha commentato l’entrata in vigore del deposito del prezzo al notaio. Righi ha parlato di una legge che crea disparità tra le parti.
La Fiaip ha fatto sapere: “Entra in vigore il deposito del prezzo al notaio. Secondo quanto previsto dalla “Legge annuale per il mercato e la concorrenza” le parti o anche una di loro potrà richiedere al notaio di aderire al deposito del prezzo: in questo caso il pubblico ufficiale al momento del trasferimento immobiliare tratterrà la somma pattuita per la compravendita e la depositerà su un apposito conto corrente fino alla trascrizione del trasferimento dell’immobile.
Gli interessi maturati sul conto non saranno incassati dal proprietario, ma dallo Stato italiano, che li destinerà ad un fondo per le piccole e medie imprese. La norma varata nel 2013, fino ad oggi non aveva mai trovato esecuzione per la forte opposizione della Fiaip e di tutta la filiera dell’immobiliare. Il governo è comunque riuscito a farla “passare”, introducendo la volontarietà delle parti”.
Il presidente nazionale Fiaip, Paolo Righi, ha poi sottolineato: “Il deposito del prezzo al notaio è da ascriversi alla già nutrita schiera delle leggi “inutili e dannose” varate per il nostro comparto. La legge crea una disparità fortissima tra le parti, che fino ad oggi erano bilanciate e tutelate, mentre ora il venditore diventa parte debole del contratto. Inoltre, la sua applicazione creerà notevoli problemi a quei venditori che intendono vendere la propria abitazione per comprarne subito un’altra: sarà quasi impossibile per chi vende casa impegnarsi all’acquisto di una nuova abitazione, non potendo contare sul denaro proveniente dalla vendita del proprio immobile. Quasi esilarante il fatto che gli interessi maturati sul conto corrente del notaio anziché essere restituiti al venditore vengano trattenuti dallo Stato, che di fatto ha varato una nuova tassa sulla proprietà immobiliare”.
fonte web idealista 30/08/2017
Secondo Global Real Estate Bubble Index rilasciato da Ubs, che elabora una classifica delle più importanti città del mondo ordinate secondo il rischio “bolla”, Vancouver è stata identificata come il centro finanziario con la più grande bolla speculative immobiliare in corso.
All’interno dell’area a rischio ci sono le città nelle quali i prezzi degli immobili sono aumentati di almeno il 50% dal 2011. Ubs riporta che a Vancouver i prezzi delle proprietà immobiliari non sono stati toccati dalla crisi del 2008 ad onta del forte rallentamento dei prezzi delle commodity.
Negli ultimi due anni la crescita dei prezzi è stata guidata da una forte domanda per proprietà locali da parte di investitori stranieri e i prezzi raggiunti appaiono completamente slegati dai fondamentali economici e chiaramente al centro di un rischio bolla speculativa. Subito dopo Vancouver ecco Londra e Stoccolma con soltanto Milano tra le più grandi città europee che non è così a rischio.
A questo scenario ha contribuito un livello dei tassi generalmente basso che ha messo benzina sul fuoco del mercato “residential property” facendo raggiungere nuovi record ai prezzi a Londra, Stoccolma, Monaco e Zurigo. Meno a rischio Parigi e Ginevra. Interessante notare come il report ponga New York in una posizione del tutto diversa con i prezzi che sono del 25% più bassi di 10 anni fa (anche se gli affitti sono più alti del 50% rispetto al 2006).
Fonte web blurating ottobre 2016
Aumenta il numero delle compravendite ma gli immobili costano sempre meno Confedilizia: grazie a Monti, le tasse sugli appartamenti sono insostenibili
Sono ormai tre anni che si parla della ripresa del mercato immobiliare. Una ripresa che riguarda il numero delle compravendite, non certo i prezzi. Con l’eccezione di Milano che ha l’effetto Expo ancora in corpo (l’aumento di investitori e turisti è percepibile anche senza statistiche alla mano), l’Italia da quel punto di vista non dà ancora segni vitali.
L’Eurostat ha diffuso ieri l’indice dei prezzi delle abitazioni del continente: nel primo trimestre del 2017 i prezzi delle case sono aumentare del 4% nell’eurozona e del 4,5% nell’Ue rispetto allo stesso periodo dell’anno prima mentre rispetto al trimestre precedente il rincaro è stato in media dello 0,4% in Eurolandia e dello 0,7% nell’Unione.
Il prezzo del mattone è aumentato ovunque, tranne in Croazia (che non fa parte dell’area euro) e in Italia (unica eccezione nel perimetro della moneta unica), in calo rispettivamente dello 0,4 e dello 0,1%. Una brutta notizia per chi vende, con le valutazioni immobiliari che in alcune aree del Paese si sono quasi dimezzate rispetto ai tempi d’oro pre 2007. Ma è una buona notizia per chi compra? Sì ma anche no. Sicuramente, visto il trend delle compravendite, la durata del rimbalzo e il Pil in crescita, la probabilità di trovarci nel punto di picco minimo è altissimo. Ma se l’investimento, notoriamente di lungo periodo, non riesce a recuperare neanche l’inflazione è necessario capire il perché prima di cantare vittoria.
Confedilizia dà la sua spiegazione: il problema in Italia sono le tasse sul mattone diventate insostenibili. «È impossibile – scrive l’associazione – non comprendere come questo stillicidio di numeri negativi sull’immobiliare, che fanno dell’Italia la Cenerentola d’Europa nel settore, sia da addebitarsi alle politiche fiscali autodistruttive iniziate con la manovra Monti e non corrette successivamente. Gravare con 50 miliardi di euro di imposte – di cui quasi la metà di natura patrimoniale – un comparto che in Italia ha sempre rappresentato il motore della nostra economia vuol dire, letteralmente, suicidarsi».
Confedilizia, conclude la nota, «ha da tempo proposto al Governo una serie di misure volte ad invertire la rotta. I nuovi, sconfortanti, numeri di Eurostat dovrebbero convincerlo a vararle».
Il peso fiscale, se non corretto, rischia dunque di schiacciare ulteriormente il comparto e di rendere non conveniente l’investimento sul mattone.
Una postilla: l’Italia è anche l’unico Paese in Europa che ha presentato ad Eurostat dati provvisori. Ci batte solo la Grecia che non li ha neanche presentati. Forse la Germania non ha tutti i torti a scuotere la testa quando parla di noi.
FONTE LIBERO 20/7/2017 – ANTONIO SPAMPINATO
La scorsa settimana sono usciti i dati di Eurostat con la fotografia dell’andamento dei prezzi immobiliari in tutta Europa: nel terzo trimestre 2016 i valori registrati nella zona euro sono aumentati del 3,4% (nell’intera UE del 4,3%) rispetto al terzo trimestre 2015. Ci sono solo due Paesi con il segno meno: Cipro (-3,3%) e Italia con un meno 0,9%. In cima alla classifica ci sono i Paesi dell’Est Europa, con Ungheria (+11,6%), Lettonia (+10,8%) e Bulgaria (+8,8%) sul podio.
L’unico commento al dato italiano, è quello ormai classico e puntuale di Confedilizia che parla di un peso eccessivo di tasse e imposte sulla casa, un dato che può convincere sicuramente i più, ma il lettore più attento potrà verificare da diversi studi e paper di analisi come ciò non sia esattamente così, specie se confrontato con i dati di altri paesi europei.
E perché allora i prezzi scendono? Perché non ci sono soldi? O perché i proprietari di immobili forse non vogliono (s)vendere?
Forse la domanda da cui bisogna partire è: ma vale ancora la pena comprare casa, oggi?
Con la crisi economica, e occupazionale, che non dà cenni di miglioramento, è sempre più ampia ed evidente la frattura fra la generazione dei Millennials da una parte, la Generazione X e quella dei Baby Boomers dall’altra, che in maniera semplice (ma non semplicistica) si può riassumere con un cambiamento di paradigma: meglio usare che possedere.
Il mantra e le aspettative genitoriali ripetute per decenni si potevano riassumere con: studiare, avere una casa, una famiglia, una bella macchina e possibilmente anche una seconda casa in un luogo di mare o montagna. Oggi la casa (e la macchina) come status symbol per eccellenza, semplicemente non interessano ai giovani. C’è una generazione cresciuta nella certezza che l’acquisto di una casa fosse una sicurezza, l’unico modo per impegnare i propri risparmi. Ciò era (è?) dovuto alla diffusa ignoranza in materia finanziaria, ma oggi vivere in affitto, è una scelta figlia dei tempi, ma anche di praticità.
Con la precarietà del lavoro, o le necessità delle aziende di trasferire il proprio personale, il lavoro di tutta una vita non esiste più (nemmeno in banca, ndr) e quindi non possedere un appartamento significa potersi spostare più agevolmente da un luogo all’altro alla ricerca di un lavoro, senza avere troppi legami. Che senso ha accollarsi un mutuo di 30-40 anni in una situazione in cui il mercato del lavoro non offre certezze? Morale: l’acquisto della prima casa non è un bisogno pressante.
Oltre a ciò i Millennials sono una generazione di zero-equity e che anche in un contesto immobiliare in cui i prezzi sono sensibilmente scesi rispetto ai picchi pre-crisi finanziaria, in pochi hanno la liquidità del tipico 20% del valore dell’immobile: mentre 30 anni fa, i giovani erano quelli che guadagnavano più soldi sulla media nazionale, oggi i loro salari sono inferiori del 19% rispetto ai loro coetanei negli anni Ottanta (secondo uno studio del Luxembourg Income Study pubblicato lo scorso anno).
Sì, ma allora perché solo in Italia i prezzi calano?
Il dato di Eurostat, ripreso nell’incipit, andrebbe disaggregato perché anche in Italia ci sono aree dove i prezzi sono in rialzo, e zone dove sono in deciso calo. La domanda è al palo, lo stock di appartamenti esistente è impressionante, e il “nuovo” ha ormai 3-5 anni, e non è più tanto nuovo il più delle volte. E già qui può scattare il primo sconto, vista l’ampia scelta a disposizione da parte di un acquirente. Servizi e infrastrutture (leggi mobilità) sono sempre più un must, ma la “parola magica” è opportunità: opportunità economiche, di lavoro, in primis; opportunità sociali e culturali; in definitiva opportunità di crescita personale e professionale.
Banalmente: i prezzi salgono dove c’è una risposta a queste domande (Londra, Berlino, Parigi che trainano il mercato dei rispettivi Paesi, ma che non sono più solo capitali di uno Stato ma hub internazionali di incontro di opportunità), o dove queste opportunità sono inferiori ma si può risparmiare sul costo della vita (mai visto qualche pubblicità in Rete, o qualche sito internet rivolto a pensionati o meno giovani per trasferirsi in Bulgaria? A Praga, o Budapest? Guarda caso tutti Paesi in cima alla classifica dell’aumento dei prezzi). In Italia solo Milano ha le caratteristiche per competere in tale scenario.
Ecco quindi che se un Paese è fermo al palo, non c’è una strategia di sviluppo, e il “benessere” sta scemando, il trend non può essere che negativo. I giovani, ovvero coloro che dovrebbero trainare la nuova domanda si trasferiscono dai piccoli centri ai capoluoghi di provincia, e da qui alle città dal respiro internazionale (o comunque in città facilmente raggiungibili di tali contesti). Inutile illudersi: i prezzi pertanto continueranno a scendere, molto nell’hinterland e in provincia. La domanda abitativa diventa principalmente urbana, di città. Se i prezzi scendono, il mercato della locazione viceversa sta migliorando perché i proprietari hanno trovato metodi più sicuri (ecco il boom dell’affitto breve) dei classici contratti.
Nuove opportunità = Nuove esperienze. Fateci caso: oggi i giovani (ma anche i meno giovani) non vogliono più ascoltare storie su quello che possiedi, ma storie sulle cose che hai fatto, o stai facendo, nella vita. Così una casa non è per sempre. E i prezzi scendono.
fonte il sole 24 Ore 24 gennaio 2017
Real Web, la società proprietaria di Immobiliare.it, ha finanziato con 5 milioni di euro la startup olandese HousingAnywhere.com. L’importo proviene anche dalla Venture Capital olandese henQ che, in passato, aveva già finanziato il giovane portale con 1 milione di euro e rinnova così il suo interesse e la sua fiducia nei confronti del sito. Con il nuovo investimento la startup dichiara di voler accelerare la sua crescita e di voler allargare il suo servizio a più Paesi e città tra l’Europa Occidentale e gli Stati Uniti.
HousingAnywhere.com è stata fondata nel 2009 dal giovane Niels Van Deuren, a Rotterdam. Allora studente universitario, l’attuale CEO della startup era in procinto di partire per un soggiorno di studio a Singapore, dove cercava alloggio. La maggiore difficoltà, in risposta alla quale poi nasce la sua azienda, era non solo quella di trovare casa ma anche di trovare un locatore disposto a non ricevere alcun anticipo sul canone, almeno fino a che non venisse visionato l’alloggio. Da qui l’idea di creare un sito su cui tutti gli studenti in procinto di partire per l’estero per motivi di studio potessero trovare facilmente una stanza, un monolocale o un alloggio, senza dover versare anticipi di nessun tipo senza neppure aver visto l’immobile.
Il finanziamento di Real Web ed henQ certifica il successo del portale che conta l’Italia al secondo posto per volume di traffico ed ha già creato una rete di collaborazioni con 130 università nel mondo che suggeriscono ai propri iscritti di cercare un alloggio su HousingAnywhere.com. Il sito ha come obiettivo quello di raggiungere entro il 2017 60 Paesi per arrivare ad altri 100 nel 2018. Con i 5 milioni dell’ultimo investimento a suo favore, la startup prevede di allargare anche il suo staff.
fonte sito immobiliare.it