Secondo Global Real Estate Bubble Index rilasciato da Ubs, che elabora una classifica delle più importanti città del mondo ordinate secondo il rischio “bolla”, Vancouver è stata identificata come il centro finanziario con la più grande bolla speculative immobiliare in corso.
All’interno dell’area a rischio ci sono le città nelle quali i prezzi degli immobili sono aumentati di almeno il 50% dal 2011. Ubs riporta che a Vancouver i prezzi delle proprietà immobiliari non sono stati toccati dalla crisi del 2008 ad onta del forte rallentamento dei prezzi delle commodity.
Negli ultimi due anni la crescita dei prezzi è stata guidata da una forte domanda per proprietà locali da parte di investitori stranieri e i prezzi raggiunti appaiono completamente slegati dai fondamentali economici e chiaramente al centro di un rischio bolla speculativa. Subito dopo Vancouver ecco Londra e Stoccolma con soltanto Milano tra le più grandi città europee che non è così a rischio.
A questo scenario ha contribuito un livello dei tassi generalmente basso che ha messo benzina sul fuoco del mercato “residential property” facendo raggiungere nuovi record ai prezzi a Londra, Stoccolma, Monaco e Zurigo. Meno a rischio Parigi e Ginevra. Interessante notare come il report ponga New York in una posizione del tutto diversa con i prezzi che sono del 25% più bassi di 10 anni fa (anche se gli affitti sono più alti del 50% rispetto al 2006).
Fonte web blurating ottobre 2016
Aumenta il numero delle compravendite ma gli immobili costano sempre meno Confedilizia: grazie a Monti, le tasse sugli appartamenti sono insostenibili
Sono ormai tre anni che si parla della ripresa del mercato immobiliare. Una ripresa che riguarda il numero delle compravendite, non certo i prezzi. Con l’eccezione di Milano che ha l’effetto Expo ancora in corpo (l’aumento di investitori e turisti è percepibile anche senza statistiche alla mano), l’Italia da quel punto di vista non dà ancora segni vitali.
L’Eurostat ha diffuso ieri l’indice dei prezzi delle abitazioni del continente: nel primo trimestre del 2017 i prezzi delle case sono aumentare del 4% nell’eurozona e del 4,5% nell’Ue rispetto allo stesso periodo dell’anno prima mentre rispetto al trimestre precedente il rincaro è stato in media dello 0,4% in Eurolandia e dello 0,7% nell’Unione.
Il prezzo del mattone è aumentato ovunque, tranne in Croazia (che non fa parte dell’area euro) e in Italia (unica eccezione nel perimetro della moneta unica), in calo rispettivamente dello 0,4 e dello 0,1%. Una brutta notizia per chi vende, con le valutazioni immobiliari che in alcune aree del Paese si sono quasi dimezzate rispetto ai tempi d’oro pre 2007. Ma è una buona notizia per chi compra? Sì ma anche no. Sicuramente, visto il trend delle compravendite, la durata del rimbalzo e il Pil in crescita, la probabilità di trovarci nel punto di picco minimo è altissimo. Ma se l’investimento, notoriamente di lungo periodo, non riesce a recuperare neanche l’inflazione è necessario capire il perché prima di cantare vittoria.
Confedilizia dà la sua spiegazione: il problema in Italia sono le tasse sul mattone diventate insostenibili. «È impossibile – scrive l’associazione – non comprendere come questo stillicidio di numeri negativi sull’immobiliare, che fanno dell’Italia la Cenerentola d’Europa nel settore, sia da addebitarsi alle politiche fiscali autodistruttive iniziate con la manovra Monti e non corrette successivamente. Gravare con 50 miliardi di euro di imposte – di cui quasi la metà di natura patrimoniale – un comparto che in Italia ha sempre rappresentato il motore della nostra economia vuol dire, letteralmente, suicidarsi».
Confedilizia, conclude la nota, «ha da tempo proposto al Governo una serie di misure volte ad invertire la rotta. I nuovi, sconfortanti, numeri di Eurostat dovrebbero convincerlo a vararle».
Il peso fiscale, se non corretto, rischia dunque di schiacciare ulteriormente il comparto e di rendere non conveniente l’investimento sul mattone.
Una postilla: l’Italia è anche l’unico Paese in Europa che ha presentato ad Eurostat dati provvisori. Ci batte solo la Grecia che non li ha neanche presentati. Forse la Germania non ha tutti i torti a scuotere la testa quando parla di noi.
FONTE LIBERO 20/7/2017 – ANTONIO SPAMPINATO
La scorsa settimana sono usciti i dati di Eurostat con la fotografia dell’andamento dei prezzi immobiliari in tutta Europa: nel terzo trimestre 2016 i valori registrati nella zona euro sono aumentati del 3,4% (nell’intera UE del 4,3%) rispetto al terzo trimestre 2015. Ci sono solo due Paesi con il segno meno: Cipro (-3,3%) e Italia con un meno 0,9%. In cima alla classifica ci sono i Paesi dell’Est Europa, con Ungheria (+11,6%), Lettonia (+10,8%) e Bulgaria (+8,8%) sul podio.
L’unico commento al dato italiano, è quello ormai classico e puntuale di Confedilizia che parla di un peso eccessivo di tasse e imposte sulla casa, un dato che può convincere sicuramente i più, ma il lettore più attento potrà verificare da diversi studi e paper di analisi come ciò non sia esattamente così, specie se confrontato con i dati di altri paesi europei.
E perché allora i prezzi scendono? Perché non ci sono soldi? O perché i proprietari di immobili forse non vogliono (s)vendere?
Forse la domanda da cui bisogna partire è: ma vale ancora la pena comprare casa, oggi?
Con la crisi economica, e occupazionale, che non dà cenni di miglioramento, è sempre più ampia ed evidente la frattura fra la generazione dei Millennials da una parte, la Generazione X e quella dei Baby Boomers dall’altra, che in maniera semplice (ma non semplicistica) si può riassumere con un cambiamento di paradigma: meglio usare che possedere.
Il mantra e le aspettative genitoriali ripetute per decenni si potevano riassumere con: studiare, avere una casa, una famiglia, una bella macchina e possibilmente anche una seconda casa in un luogo di mare o montagna. Oggi la casa (e la macchina) come status symbol per eccellenza, semplicemente non interessano ai giovani. C’è una generazione cresciuta nella certezza che l’acquisto di una casa fosse una sicurezza, l’unico modo per impegnare i propri risparmi. Ciò era (è?) dovuto alla diffusa ignoranza in materia finanziaria, ma oggi vivere in affitto, è una scelta figlia dei tempi, ma anche di praticità.
Con la precarietà del lavoro, o le necessità delle aziende di trasferire il proprio personale, il lavoro di tutta una vita non esiste più (nemmeno in banca, ndr) e quindi non possedere un appartamento significa potersi spostare più agevolmente da un luogo all’altro alla ricerca di un lavoro, senza avere troppi legami. Che senso ha accollarsi un mutuo di 30-40 anni in una situazione in cui il mercato del lavoro non offre certezze? Morale: l’acquisto della prima casa non è un bisogno pressante.
Oltre a ciò i Millennials sono una generazione di zero-equity e che anche in un contesto immobiliare in cui i prezzi sono sensibilmente scesi rispetto ai picchi pre-crisi finanziaria, in pochi hanno la liquidità del tipico 20% del valore dell’immobile: mentre 30 anni fa, i giovani erano quelli che guadagnavano più soldi sulla media nazionale, oggi i loro salari sono inferiori del 19% rispetto ai loro coetanei negli anni Ottanta (secondo uno studio del Luxembourg Income Study pubblicato lo scorso anno).
Sì, ma allora perché solo in Italia i prezzi calano?
Il dato di Eurostat, ripreso nell’incipit, andrebbe disaggregato perché anche in Italia ci sono aree dove i prezzi sono in rialzo, e zone dove sono in deciso calo. La domanda è al palo, lo stock di appartamenti esistente è impressionante, e il “nuovo” ha ormai 3-5 anni, e non è più tanto nuovo il più delle volte. E già qui può scattare il primo sconto, vista l’ampia scelta a disposizione da parte di un acquirente. Servizi e infrastrutture (leggi mobilità) sono sempre più un must, ma la “parola magica” è opportunità: opportunità economiche, di lavoro, in primis; opportunità sociali e culturali; in definitiva opportunità di crescita personale e professionale.
Banalmente: i prezzi salgono dove c’è una risposta a queste domande (Londra, Berlino, Parigi che trainano il mercato dei rispettivi Paesi, ma che non sono più solo capitali di uno Stato ma hub internazionali di incontro di opportunità), o dove queste opportunità sono inferiori ma si può risparmiare sul costo della vita (mai visto qualche pubblicità in Rete, o qualche sito internet rivolto a pensionati o meno giovani per trasferirsi in Bulgaria? A Praga, o Budapest? Guarda caso tutti Paesi in cima alla classifica dell’aumento dei prezzi). In Italia solo Milano ha le caratteristiche per competere in tale scenario.
Ecco quindi che se un Paese è fermo al palo, non c’è una strategia di sviluppo, e il “benessere” sta scemando, il trend non può essere che negativo. I giovani, ovvero coloro che dovrebbero trainare la nuova domanda si trasferiscono dai piccoli centri ai capoluoghi di provincia, e da qui alle città dal respiro internazionale (o comunque in città facilmente raggiungibili di tali contesti). Inutile illudersi: i prezzi pertanto continueranno a scendere, molto nell’hinterland e in provincia. La domanda abitativa diventa principalmente urbana, di città. Se i prezzi scendono, il mercato della locazione viceversa sta migliorando perché i proprietari hanno trovato metodi più sicuri (ecco il boom dell’affitto breve) dei classici contratti.
Nuove opportunità = Nuove esperienze. Fateci caso: oggi i giovani (ma anche i meno giovani) non vogliono più ascoltare storie su quello che possiedi, ma storie sulle cose che hai fatto, o stai facendo, nella vita. Così una casa non è per sempre. E i prezzi scendono.
fonte il sole 24 Ore 24 gennaio 2017
Real Web, la società proprietaria di Immobiliare.it, ha finanziato con 5 milioni di euro la startup olandese HousingAnywhere.com. L’importo proviene anche dalla Venture Capital olandese henQ che, in passato, aveva già finanziato il giovane portale con 1 milione di euro e rinnova così il suo interesse e la sua fiducia nei confronti del sito. Con il nuovo investimento la startup dichiara di voler accelerare la sua crescita e di voler allargare il suo servizio a più Paesi e città tra l’Europa Occidentale e gli Stati Uniti.
HousingAnywhere.com è stata fondata nel 2009 dal giovane Niels Van Deuren, a Rotterdam. Allora studente universitario, l’attuale CEO della startup era in procinto di partire per un soggiorno di studio a Singapore, dove cercava alloggio. La maggiore difficoltà, in risposta alla quale poi nasce la sua azienda, era non solo quella di trovare casa ma anche di trovare un locatore disposto a non ricevere alcun anticipo sul canone, almeno fino a che non venisse visionato l’alloggio. Da qui l’idea di creare un sito su cui tutti gli studenti in procinto di partire per l’estero per motivi di studio potessero trovare facilmente una stanza, un monolocale o un alloggio, senza dover versare anticipi di nessun tipo senza neppure aver visto l’immobile.
Il finanziamento di Real Web ed henQ certifica il successo del portale che conta l’Italia al secondo posto per volume di traffico ed ha già creato una rete di collaborazioni con 130 università nel mondo che suggeriscono ai propri iscritti di cercare un alloggio su HousingAnywhere.com. Il sito ha come obiettivo quello di raggiungere entro il 2017 60 Paesi per arrivare ad altri 100 nel 2018. Con i 5 milioni dell’ultimo investimento a suo favore, la startup prevede di allargare anche il suo staff.
fonte sito immobiliare.it
Gli italiani tornano a comprare casa e la domanda di immobili continua ad aumentare. I dati arrivano da un’indagine congiunta condotta da Fimaa e Confcommercio presentata alla stampa alla fine di novembre 2016.
Secondo quanto emerso dall’analisi delle interviste fatte, il 64% degli operatori professionali delle agenzie immobiliari è convinto che la richiesta di case in vendita sia in aumento e addirittura il 71% di loro è certo che, viste queste premesse, anche l’offerta di immobili sia destinata ad aumentare.
Chiaramente, ad influenzare la situazione, come noi stessi di Immobiliare.it abbiamo più volte avuto modo di dire, sono sia i prezzi immobiliari in calo, sia la maggiore facilità di accesso al credito. I dati, va detto, sono molto positivi anche perché l’indagine Fimaa – Confcommercio si è focalizzata sulle grandi città, vale a dire le prime in cui questi fenomeni si manifestano.
Fra i capoluoghi analizzati, quelli che hanno dimostrato i maggiori tassi di ottimismo sono risultati Cagliari e Firenze, ma anche Roma, Torino e Milano hanno registrato positività molto forti, con percentuali rispettivamente pari al 64%, 62% e 58%.
Gli agenti immobiliari del campione sono stati interrogati anche riguardo all’andamento dei prezzi; a Roma e Torino la maggioranza degli intervistati si è pronunciato a favore di una previsione secondo la quale i costi delle case continueranno a scendere; a Bologna, Cagliari, Milano, Bari e Firenze, invece, l’opinione prevalente è quella secondo cui i prezzi saranno stabili per un po’.
Ultime osservazioni per i tempi di vendita, che quasi un quinto del campione afferma si siano ridotti rispetto al passato, e agli sconti praticati sulle richieste iniziali; oggi si scala dal prezzo una percentuale compresa mediamente fra il 5% ed il 10%.
FONTE Immobiliare.it novembre 2016
COMPRAVENDITE IMMOBILIARI Il 45,8% degli acquirenti è single
Nel primo semestre del 2016 le compravendite realizzate sul territorio nazionale hanno visto nel 45,8% dei casi acquirenti single (questa categoria è composta da celibi/nubili, separati/divorziati e vedovi). La percentuale è leggermente inferiore a quella registrata un anno fa, nel I semestre del 2015, quando si attestava al 47,7%.
A livello nazionale la tipologia preferita da questo target è stata il trilocale (37,5%), seguita dal bilocale (26,9%). Ville, villette, rustici, loft, case indipendenti e semindipendenti compongono insieme il 14,1% degli acquisti.
Nel Bel Paese il 43,7% dei single che ha comprato ha un’età compresa tra 18 e 34 anni, il 29,5% ha tra 35 e 44 anni, seguiti da percentuali in progressiva decrescita all’aumentare dell’età.
L’86,4% delle compravendite da parte di single riguarda l’acquisto dell’abitazione principale, il 10,7% l’investimento e il 2,9% riguarda la casa vacanza. Rispetto ad un anno fa queste percentuali sono rimaste sostanzialmente invariate, con un lieve incremento della percentuale di acquisti di casa vacanza passati dal 2,2% al 2,9% attuale. Sempre nella prima parte del 2016, il 60,2% dei single ha usufruito dell’ausilio di un mutuo bancario, mentre il 39,8% ha comprato in contanti. Rispetto ad un anno fa si segnala un leggero aumento della percentuale di acquisti con mutuo, passati dal 58,3% al 60,2%.
Per quanto riguarda il mercato delle locazioni il 57,8% degli inquilini single ha preso casa in affitto per scelta abitativa, il 36,8% per motivi di lavoro ed il 5,4% per motivi legati allo studio.